Io se fossi ….
Vi ricordate il giochino del “se fossi ...” che si faceva a scuola, nell'ora vacante per l'assenza dell'insegnante o sul pullman della gita scolastica?
Principalmente era per scherzare e conoscersi meglio. Si cercavano, nelle risposte, angoli nascosti dei propri compagni di scuola e, sommessamente, scoprire chi o cosa piaceva alla ragazza o al ragazzo soggetto e oggetto del gioco.
Curioso che in questo periodo dell'anno, il carnevale, lo scherzo più bello lo abbia fatto il Papa annunciando al mondo le sue dimissioni.
Ed è tutto vero!
E se fossi Dio? … abdicherei?
Giorgio Gaber in una famosa canzone (Io se fossi Dio, brano del 1980) portò un violentissimo J'accuse musicato, riservando gli attacchi più veementi ai protagonisti, grandi e piccoli, della scena politica italiana del tempo, senza risparmiarne nessuno. Dopo un susseguirsi di feroci invettive, nel finale l'autore rivela il desiderio di non volersi più occupare di politica e prendere le parti di alcuna fazione.
…
“E allora, va a finire che se fossi Dio,
io mi ritirerei in campagna,
come ho fatto io”. ...
L'accusa maggiore dell'artista fu il fulmineo ribaltamento delle valutazioni politiche che elevarono alcuni personaggi dell'epoca a martiri, per incoscienti e colpevoli azioni terroristiche, nonostante un passato politico, secondo l'autore, palesemente negativo. Ovviamente, non c'è difesa degli atti di terrorismo o per i suoi fautori, ma solo sgomento, paura e la confessata incapacità di giudizio.
Quel che più resta del contenuto del brano è una amareggiata e a tratti beffarda sfuriata a colpire ogni parte della società italiana intrisa nella corruzione e nell'ipocrisia.
Ebbene, nel coraggioso gesto del Papa io vedo quello che è stato tratteggiato nel testo della filippica di Gaber!
Vedo lo sfinimento dell'uomo che percepisce, con lucidità di pensiero, le proprie forze insufficienti ad affrontare il marasma permeato nella società e valuta oramai l'età non più compensabile con la saggezza.
Ma perché “coraggioso” l'abbandono del Sommo Padre? Perché l'uso di quest'aggettivo?
Tale è stato indicato, anche dal Presidente Giorgio Napolitano.
Io preferisco definirlo “esemplare”!
E nessuno ha avuto il coraggio, stavolta si, di usare questo vocabolo per descriverlo. Perché la rinuncia al potere è, per i più, un atto di codardia piuttosto che di umiltà; sempre subito ma mai ricercato.
I pavidi, nel timore di rendere manifesta la loro debolezza e attaccamento alla propria funzione, hanno sublimato pubblicamente l'avvenimento con l'attenzione a che esso non divenga esempio da imitare. Soprattutto in politica, dove non deve trasparire testimonianza della viltà nella restituzione del potere.
Ma se ciò avvenisse, senza traumi o falsi pudori; se venisse unanimemente accettata l'inadeguatezza a gestire la cosa pubblica per limiti di età, allora certo potremmo ragionare di effettivo rinnovamento nelle istituzioni, di un Parlamento più vicino ai giovani e alle loro ambizioni, dove chi legifera non ha più del doppio degli anni di coloro che sono interessati dai provvedimenti governativi.
Se lo stesso Vicario di Cristo ha rivelato il limite umano delle proprie forze imposto dagli anni e dalla malattia, perché non impiegare lo stesso criterio per tutti?
Non sarebbe, quindi, ora e tempo per mettere un limite anagrafico alla rappresentanza dei senatori e deputati italiani?